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Afro dei fotografi
AFRO DEI FOTOGRAFI
Udine, Museo della Città
14 luglio - 15 settembre 2002

L'archivio fotografico di Afro percorre un lungo periodo della storia della fotografia: dal pittorialismo al modernismo, dal neorealismo al concettualismo; quarant'anni all'incirca, ma che sono tra i più significativi del nostro tempo, durante i quali la fotogafia si è definitivamente caratterizzata come medium, oltre che arte sperimentale, quindi soprattutto mediante il fotogiornalismo, che precede televisione e internet, come mezzo di informazione edi cultura massificata.
Afro ha attraversato con intensa partecipazione e curiosità, questi decenni di vivace coinvolgimento e scambio fra le arti; li ha vissuti a modo suo, da pittore che usa ancora il pennello e la spatola, contribuendo comunque ad avvallare l'impegno narrativo del fotografo, rispettato anche come testimone del tempo,e non soltanto della cronaca ma della storia.
Silvio Maria Bujatti è stato il primo amico-fotografo di Afro.
A udine, in Via Marinoni, c'era stata una gran festa "il doman di San Martin", nell'atelier un po' kitsch e orientalista di Bujatti, "mago del flou", come veniva chiamato per le sue fotografie evanescenti, quasi sfocate e infine stampate in acacttivanti, cromatici bromolii.
In Via Marinoni, dove Bujatti aprì chiassosamente lo studio quel pomeriggio di San Matinio, con un gesto che a Udine sembrò fin troppo provocatorio e d'avanguardia, annunciato anche in cartoline hand made xilografiche, fimate dagli emergenti artisti della boheme udinese d'allora: Candido Grassi, Fred Pittino, Giovanni Saccomani, Errnesto Mitri..., troppo presto dimenticati.
Erano presenti anche Afro e i suoi fratelli; Mirko tracciò un rapido schizzo su un esemplare di cartoline, unh ritrattino che è quqsi un autografo.
Buatti aveva chiamato tutti a "une bevude pe inaugurasion...":
"vignit cul vistit nei opur cul blac, cu la ciamese o sense, - aveva aggiunto - baste che su la puarte, si complaseis di netasi pulidut lis scarpis..." ( "una bevuta per l'inaugurazione...Venite con il vestito nero oppure con quello bianco, con la camicia o senza, basta che sulla porta, vi degnate di pulirvi per bene le scarpe..."). Afro aveva sedici anni, ma era tra i più brillanti e attivi a Udine, da dove al più presto è però emigrato verso luoghi più aperti alle sue sfrenate fantasie d'artista; Roma innanzitutto, storia noa.
Afro, bello, è anche fotogenico, "bel come uncjaval..." avrebbe detto Pasolini,e i fotografi si dedicano volentieri a fissare lo sguardo fotosensibile, che spesso è auadce come quello di un attore, ma si coinvolge senza nacisismi nella scenografia romantica dell'atelier, con primi piani di pennelli e vasetti di colore e sfondi di grandi dipinti in fieri.
Così lo vedono John Swope o Pasquale De Antonis, in Via Margutta, mentre Harnisch lo estrae dal contesto, in un costume da sera, forse durante un carnevale.
Irving Penn, in transito al Caffè Greco, traccia un memorabile "ritratto di gruppo", con Afro e quasi tutti gli altri che allora contavano in città - un affresco, in aparenza persino cimiteriale oggi, del mixage culturale romano dei primi anni del dopoguerra, mentre anche le luci della cultura si rianimavano, proprio per l'entusiiasmo di questi artisti, disposti anche alla diaspora - parigi, New York....pur di testimoniare e di farsi riconoscere talento ed entusiasmo.
Afro va a New - un affresco, in aparenza persino cimiteriale oggi, del mixage culturale romano dei primi anni del dopoguerra, mentre anche le luci della cultura si rianimavano, proprio per l'entusiiasmo di questi artisti, disposti anche alla diaspora - parigi, New York....pur di testimoniare e di farsi riconoscere talento ed entusiasmo.
Afro va a New York, dove anche Arnold Newman, divo della fotografia, ne consacra l'immagine; così a S.Francisco Imogen Cunningham e Farban di "Life" sul finire degli anni '50, quando il successo di Afro è già accertato..., e lo si legge anche nella tensione sorridente del suo sguardo consapevole.
Frank Horvath lo incontra a Parigi e lo coinvolge con le "top model" di quegli anni, secondo il rito della mondanità, che s'avviava nei grandi hebdomadairs di "Vogue", mentre Federico Patellani registra il suo lavoro per "Domus".
Anche l'occhio di Cartier Bresson osserva l'astro del pittore Afro, alle prese con la grande pittura del "Giardino della speranza" e non c'è comunque fotografo che non lo cerchi e rincorra; anch'io l'ho cercato, nel Castello di Prampero, in Friuli, in un itinerario di ritratti che lo trovano fantsma in ogni stanza, dalle cantine alle soffitte, spazi altrimenti segreti, fortuinatamente memorizzati in quelle fotografie, uniche, pria del terremoto del 1976. afro non ha vissuto il tormento della distruzione del "suo" maniero, che è stato una grande passione, oltre che la realizzazione di un sogno d'autore.
Afro dei fotografi
Fulvio Merlak, Colori, 1984

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Fox Talbot, The Reading Establishment, 1846

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