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Carlo Bevilacqua. Lo sguardo e il silenzio
10 luglio – 23 agosto
Cormons, Museo Civico del Territorio
a cura di Chiara Aglialoro, Davide Bevilacqua, Walter Liva
Orari: giovedì – venerdì – sabato 16.00-20.00; domenica 10.00-13.00 / 16.00-20.00
Nel 1942 Carlo Bevilacqua (Fagagna, 1900 – Cormons, 1988) esordì in fotografia, ispirandosi al tardo pittorialismo.
Negli anni successivi, con il rinnovato clima ideologico si avvicinò a una diversa interpretazione della natura e dell’umanità del Friuli, senza rinunciare per questo al gusto estetico che nel 1951 lo aveva portato ad aderire a La Gondola di Venezia.

Nel 1952 il Circolo Artistico Friulano di Udine presentò una mostra personale di Carlo Bevilacqua e di Fulvio Roiter. Paolo Monti scrisse il suo commento nel catalogo delle opere esposte: “…Due fotografi che appartengono a due diverse generazioni, affiancano qui le loro opere. L’ uno è tendenzialmente portato a modi e forme tradizionali, l’altro verso espressioni puramente visive. Bevilacqua vede e racconta, Roiter scopre ed esprime. Nel primo la fotografia è “narrazione” nel secondo “immagine” e per una esemplificazione estrema si vedano le due opere “Week-end” e “Inverno”. Ma in entrambi è una sicura intuizione delle possibilità del mezzo fotografico e il rispetto dei suoi limiti, entro i quali essi realizzano pienamente le proprie visioni…”.
Carlo Bevilacqua fu invitato a partecipare a mostre importanti, come nel 1953 alla Galleria Vigna Nuova di Firenze alla mostra della Fotografia Italiana, curata da Giuseppe Cavalli, Francesco Giovannini e Paolo Monti, che presentava in 60 opere di 45 autori il meglio di ogni tendenza espressiva in Italia.
Paolo Monti su Ferrania definì Bevilacqua come “...un anziano giovane che spesso ci meraviglia con belle invenzioni visive, come questi suoi “Bisticci” che ci ricordano il suo ombrellino di “Estate” che presto vedremo in un quaderno di fotografie...”
Nel 1955 fu Salvatore Chiolo a presentare su Ferrania Carlo Bevilacqua, commentando la fotografia Estate che già Paolo Monti aveva apprezzato: “...difficile è dimenticare, una volta vista, la foto di un ombrello femminile sotto cui si intravede una figura di donna con un mazzo di margherite. Una sottile vena di romanticismo permea l'immagine, la fa lievitare come se affiorasse dalla profondità della nostra memoria, ancorata a un lontano ricordo d'amore...”. e proseguiva poi spiegando che “...chi ha seguito questo fotografo attraverso le sue “personali” nelle varie città d'Italia e all'estero, avrà notato come Carlo Bevilacqua non abbia mai mostrato sbandamenti o incertezze nel camminare per la sua via. Da vari anni in possesso di un suo stile fotografico ha sempre teso ad affinare i mezzi espressivi del suo linguaggio, in armonia con l'arricchirsi della sua sensibilità figurativa. I temi di Bevilacqua sono spogli di drammaticità, e, tutt'al più qualche volta sollecitano verso la malinconia controllatissima. Le effusioni emotive come la descrittiva psicologica non seducono la fantasia di Carlo Bevilacqua.
Dalle sue foto appare un mondo rasserenato dove la lotta è bandita e il male sfiorato. Alla sua immaginazione parlano più le immagini di vita felice. Giuochi di bimbi, fanciulli, ragazze avvenenti appaiono immersi in un paesaggio da idillio. La stessa Laguna di Grado, che in certi giorni, può suscitare al più placido sensazioni di cupa tristezza, sotto l'obiettivo di questo fotografo diventa una plaga incantata, dove le figure umane appaiono ferme e librate come nel paesaggio di una favola. La luce, con le sue prestigiose manifestazioni, gioca un ruolo importante nella sua produzione fotografica. Sembra quasi che non le cose lo interessino, ma in quanto oggetti, attraverso cui la luce possa configurarsi, diventar fenomeno. Di essa il Bevilacqua sa cogliere le gradazioni più tenui, i giochi più impensati, i trasalimenti più impercettibili...”.
Nel 1953, alla VIIa Coppa AFI (Associazione Fotografica Italiana) erano anche presenti “…i numerosi e possenti…” veneziani del Circolo La Gondola “…con Bevilacqua, che tante discussioni ha suscitato con l’audacissimo scorcio di testa e braccia di una giovane donna che distende una fascia da neonato, col poetico pendant di una diafana nuvoletta bianca nel cielo: “Fiocco bianco” è il titolo dell’opera…”
Nel marzo 1955 a Sesto San Giovanni ebbe luogo la prima Mostra nazionale di fotografia, a cui parteciparono tra gli altri anche Nino Migliori, Mario De Biasi, Riccardo Perego, Toni del Tin, Antonio Persico, Dino Bruzzone, Mario Finocchiaro, il bolognese Parmiani e Pietro Donzelli, tra i fondatori dell’Unione Fotografica Milanese.
Nella mostra di Sesto San Giovanni stavano emergendo gli schieramenti culturali della fotografia italiana, con Bevilacqua, Del Tin, Nino Migliori, ma anche Mario De Biasi e Giulio Parmiani che si ritroveranno dopo qualche mese a Spilimbergo con la nascita in dicembre del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia e Dino Bruzzone, Mario Finocchiaro che faranno invece riferimento a Luigi Crocenzi e al marchigiano CCF, Centro per la Cultura nella Fotografia.
Carlo Bevilacqua, Erto, disastro del Vajont, 1963
Carlo Bevilacqua Estasi 1955
Carlo Bevilacqua 1950-1986 Evelyne 1979.
Fulvio Merlak, Colori, 1984

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Fox Talbot, The Reading Establishment, 1846

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