archivio mostre
Giovanni Gastel - La perdita dell'innocenza
A cura di Guido Cecere
Sale Espositive di Palazzo Tadea, 21 luglio - 9 settembre
Orari: da mercoledì a venerdì: 16.00-20.00 / sabato e domenica: 10.30-13.00-16.00-20.00

Dalla sublime eleganza a un'inquietante disperazione

Il nome di Giovanni Gastel è ormai in tutto il mondo sinonimo di fotografia di moda di altissima qualità, uno dei nomi di prestigio legato al Made in Italy, veicolato da decenni sulle più famose riviste del settore. Ma la sua storia professionale comincia negli anni intorno al 1975 con lo Still Life, quel genere di fotografia che richiede massima abilità e concentrazione, che lui stesso considera la migliore palestra per l’espressione della creatività personale e che consiglia anche ai giovani che vogliano avvicinarsi alla professione di fotografo.
Le foto pubblicitarie di oggetti realizzate da Gastel sono famose per coniugare lo spirito del Surrealismo con quello della Pop Art e per la carica di humour che spesso contengono.
Inconsuete, giocose, a volte geniali, strappano spesso il sorriso per la loro simpatia nello sdrammatizzare il compito per cui nascono: quello di mostrare il prodotto come “eroe” della scena. A questo stereotipo lui sostituisce invece la sua capacità di ri-vedere gli oggetti cercando assonanze e spunti nelle loro forme e nei loro colori, per comporre situazioni che spiazzano piacevolmente il lettore, carpendone l’attenzione.
La moda arriva di default e subito Gastel si distingue mettendo in campo il suo raffinato gusto che trae linfa dagli esempi più classici della storia della pittura, premiando sempre la semplicità, l’intensità dello sguardo, la ricerca dell’esaltazione della bellezza e una distillata eleganza ottenuta con mezzi “tradizionali”, come il grande banco ottico in legno, che però lui utilizza spesso col materiale Polaroid. E qui sta la grande novità: un materiale che fino ad allora era stato solo utilizzato come test, viene rivalutato e portato al rango di “definitivo per la stampa” perché siano valorizzate ed apprezzate le sue particolari delicate caratteristiche cromatiche.
Non solo, ma vengono spesso sperimentati alcuni “errori” intenzionali nello sviluppo (tecniche di sviluppo incrociato) che danno risultati assolutamente nuovi e interessanti.
E ancora, vengono utilizzate tecniche di duplicazione, di sovrapposizione di “foto su foto”, insomma una sperimentazione creativa con materiali chimici, prima della grande rivoluzione digitale. Compare, sulla scena del Fashion System, lo stile “alla Gastel”.
Quando il digitale irrompe, lui non si chiude al nuovo, ma con la curiosità che è sorella dell’intelligenza, lo studia, lo capisce e lo mette al servizio della sua fantasia.
Gastel comunque non si accontenta della sola fotografia professionale che pur gli concede grandi spazi di libertà e notevoli soddisfazioni: si cimenta anche nella fotografia “non commissionata” e ci regala, ad esempio, degli inediti appunti di “cose viste” (come lui stesso le chiama) di viaggi e luoghi che ci mostra con uno spirito assai più emozionale che descrittivo e analitico, come del resto fa anche sui set della moda. Sono immagini rarefatte, decolorate, spesso velate da una nebbia argentea in cui si vive un’atmosfera di attesa e d’impalpabile silenzio.
Ancora un altro capitolo della sua ricerca è quello che si è poi concretizzato nella grande mostra e pubblicazione “Maschere e spettri”.
E’ un’importante svolta nel suo modo di fotografare: è come se l’artista, dopo decenni vissuti all’interno della “gabbia dorata” della moda e dell’eleganza, abbia voluto mostrarci l’altra faccia della sua personalità, quella sconosciuta e sorprendente della ricerca profonda che si cela dietro l’apparenza scintillante. Sono immagini forti, impattanti, spesso disturbanti, in cui il volto e il corpo della donna vengono messi a dura prova da un fotografo impietoso che utilizza la post-produzione digitale e una innaturale simmetria fisiognomica mettendo in scena dolore e disperazione, a volte un’anticipazione della morte, proprio in antitesi (o in complementarietà?) con la leggerezza e la bellezza patinata del lavoro quotidiano.
Infine l’ultima sua creazione, “La perdita dell’innocenza” che già nel titolo rivela il percorso iconografico e creativo che si compie sul volto di un’unica modella. La libertà tecnica di manipolazione che Gastel si concede è ormai matura e profonda, supera i limiti classici della rappresentazione e la spinge ai confini fino a generare in noi un sentimento di sgomento, inquietudine e intensa disperazione.
Specchio del tempo che viviamo o, per gli ottimisti, “solo” fotografia, cioè una splendida bugia.

Guido Cecere, giugno 2012



Giovanni Gastel - La perdita dell'innocenza
Fulvio Merlak, Colori, 1984

catalogo

biblioteca

Fox Talbot, The Reading Establishment, 1846

catalogo

fototeca