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Al di là del fiume tra gli alberi
Al di là del fiume tra gli alberi
Al di là del fiume tra gli alberi
Cordoba, Repubblica Argentina
18 - 26 novembre 2000
in occasione del Forum "Argentina e Italia juntos el tercer milenio"
Parafrasando il titolo di un importante romanzo di Ernest Hemingway ambientato in Friuli, questa Mostra vuole offrire un sintetico ma significativo spaccato di vita e di storia di una regione la cui collocazione geopolitica ne ha profondamente condizionato la vita e la storia, ma che nonostante ciò - e nonostante il drammatico terremoto del 1976 - è riuscita a ridefinirsi un proprio ruolo, divenendo un incrocio culturale.
La serie di immagini che qui presentiamo ripercorre il XX° secolo, mettendo in evidenza luoghi e momenti particolarmente significativi e, nello stesso tempo, vuole essere una piccola antologia di storia della fotografia del Friuli Venezia Giulia e italiana.
Difatti il C.R.A.F. - Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia - di Spilimbergo (ma quante analogie, se pensiamo al grande pittore Lino Enea Spilimbergo, a cui è dedicata l'Accademia di Belle Arti di Cordoba...) è oggi un punto di riferimento più che nazionale su questa disciplina, linguaggio della contemporaneità.
Luis Priamo, nell'introduzione al libro Grete Stern, Obra fotografica en la Argentina, ricorda come il Correo Fotografico Sudamericano del 15.9.1943, in un articolo di Mariano Enrique Calògero criticava i ritratti di Grete, esposti in una mostra a Buenos Aires : "rostros y poses inexpresivas, iluminación sin "modelada", incapacidad de interpertar a sus modelos y "darles personalidad". El tono revela una santa indignaciòn tipica: la del prejuicio sorprendilo por lo no convencional. Un retrato de Spilimbergo sentado entre los cuadros y herramientas de su atelier irrita al redactor porque entiende que Grete, "en su afán de decorar elige un lugar de l'atelier de Spilimbergo que semeja un cambalache, la figura del artista se pierde en él, y como la intérprete no sabe darle personalidad, parece que fuera un accessorio más dentro del antiéstetico conjunto".
E' cioè significativo, che il dibattito sull'opera di Grete Stern in Argentina (che da parte sua, oltre ché dall'esperienza giovanile al Bauhaus, risentiva anche dell' insegnamento culturale di Paul Strand) abbia in un certo senso anticipato quello che fu il dibattito in Friuli, negli anni '50, quando il Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia, fondato a Spilimbergo da Italo Zannier (con Gianni e Giuliano Borghesan, Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, Toni Del Tin e Fulvio Roiter, ma poi vi aderirono Gianni Berengo Gardin... Nino Migliori...) assumendo i contenuti culturali e ideologici del neorealismo si pose come alternativa alla fotografia pittorialista degli anni '20 e '30, che in Friuli trovò espressione in maestri come Silvio Maria Bujatti e Attilio Brisighelli, come a livello internazionale in Edward Steichen, che da parte sua fotografò nel 1934 Primo Carnera: una immagine emblematica dell' emigrante di successo, del vincitore e che, in quanto tale, in quegli anni indubbiamente faceva comodo al "regime".
Ma un passaggio importante -anche sei di fatto poco conosciuto e studiato - per la fotografia europea, e che riguarda direttamente il Friuli, è la campagna fotografica condotta da Paul Scheuermeier negli anni '20 per l' Atlante linguistico italo-svizzero, partendo proprio dal Friuli, e finalizzata a stabilire una connessione tra parola ed oggetto d'uso: il legame tra gli oggetti e il nome che portavano derivava dal fatto che documenti di cultura materiale si diffondessero sa una comunità all'altra insieme al nome, e che fosse possibile una coincidenza tra arcaicità dell'oggetto e arcaicità del nome e quindi tra evoluzione della parola ed evoluzione dell'oggetto.
La "missione fotografica" di Scheuermeier venne poi proseguito da Ugo Pellis, che fu anche il primo Presidente della Società Filologica Friulana.
La fotografia, dalla rappresentazione ottocentesca della lotta vinta dall'uomo contro la natura - come nelle emblematiche immagini di Alois Beer realizzate per documentare i grandi lavori realizzati dagli operai friulani con il Conte Giacomo Ceconi in Austria (venne per questo nominato Nobile dell'Impero da Francesco Giuseppe) in quella che fu l'epopea dell'emigrazione stagionale dal Friuli verso la Mitteleuropea, assume nuove connotazioni linguistiche.
Il C.R.A.F., ereditando il progetto culturale del "Gruppo Friulano" di Spilimbergo degli anni '50, in questi ultimi anni del secolo ha avviato anche campagne fotografiche sul territorio regionale, chiamando a tale compito i fotografi italiani più significativi e rappresentativi dei diversi stili che compongono il linguaggio fotografico, di per sé molteplice, come Elio Ciol, Piergiorgio Branzi, Gabriele Basilico, Guido Guidi, Paolo Gioli, Franco Fontana, Roberto Salbitani...
Allo stesso modo, il C.R.A.F. ha avviato anche campagne fotografiche che documentano l'emigrazione friulana ad oggi.
Così Francesco Nonino ha fotografato i friulani di New York, Maria Zorzon - brava fotografa argentina anch'essa di origine friulana - i friulani di Avellaneda di Buenos Aires, stabilendo con queste opere, delle analogie visive con quello che fu l'inizio dell' emigrazione definitiva, oltre l'Oceano. Altri fotografi sono impegnati in questi progetti in Francia, in Germania, Venezuela, Canada...
Da tutti questi progetti fotografici, appare una regione cambiata profondamente, forse per certi aspetti irriconoscibile, ma certamente proiettata al di fuori dei propri confini: è oggi appunto un incrocio culturale, nel quale però confluiscono, in senso inverso, quelle che furono le strade che nel passato gli emigranti percorsero per edificare nuovi Grandi Paesi, al di là del fiume, tra gli alberi.
Walter Liva
Al di là del fiume tra gli alberi
Fulvio Merlak, Colori, 1984

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