Jan Saudek (Praga, 1935) dopo la guerra ha studiato al Ginnasio dove inizia a dipingere e disegnare. Frequenta poi la Scuola di Fotografia Industriale di Praga.
Nel 1950 viene assunto presso una tipografia e nel 1959 riceve in regalo una Flexaret 6 x 6.
Dopo aver realizzato nel 1963 la sua prima mostra personale a Praga, decide di dedicarsi totalmente alla fotografia creando una sorta di book fotografico che parlasse delle persone cui era personalmente legato, influenzato in questa scelta anche dalla Family of Man di Edward Steichen.
Nel 1969 arriva per la prima volta negli Stati Uniti, dove viene incoraggiato a sviluppare la sua attitudine alla fotografia.
All’inizio degli anni Settanta, individua una stanza studio, sinonimo della sua arte, ovvero uno scantinato dal muro scrostato dall' umidità, perfetto per sfumature e tonalità di grigio.

Dagli anni ’70 la sua reputazione è quindi internazionale. Da allora inizia una presenza costante ai più alti livelli. Moltissime sono state le collaborazioni di prestigio e le mostre delle sue opere ad Anversa, Bruxelles, Bonn, Losanna, Parigi, Chicago, Victoria, Melbourne, Arles, Milano, Varsavia, Essen

Nel 1981 esce prima monografia a lui dedicata: Il teatro della vita (Milano, nel 1983), in seguito Aperture pubblica The World of Jan Saudek in inglese, francese e tedesco.
Inizia a colorare le sue stampe in bianco e nero con l'ausilio dell'acquerello con la necessità di guardare costantemente al passato, al pre-raffaellismo in particolare.
Saudek con un linguaggio diretto e pieno di carica sensuale racconta la bellezza dell’imperfezione e la figura umana nella sua più cruda bellezza, legata all’invecchiamento, agli affanni della vita e della morte, attraversando paesaggi onirici.
Fulvio Merlak, Colori, 1984

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Fox Talbot, The Reading Establishment, 1846

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