archivio mostre
Toni Nicolini
Palazzo Tadea, Spilimbergo
16 luglio – 4 settembre
Apertura: mercoledì, giovedì, venerdì 16-20; sabato e domenica 10.30-12.30/16-20
a cura di Giovanna Calvenzi

Nel 2013 il CRAF di Spilimbergo ha stipulato con la famiglia Nicolini, rappresentata da Lotte Rossi e dai figli Melissa e Martino, l’accordo per la cessione dell’archivio di Toni Nicolini (Milano, 1935 – 2012).
Toni Nicolini, tra i più importanti esponenti della fotografia italiana, iniziò a occuparsi di fotografia nei primi anni ’60. L’amicizia con il pittore Ernesto Treccani e con intellettuali di varia estrazione, quali Luigi Crocenzi e Danilo Dolci, trasmise alle sue fotografie una particolare sensibilità tra impegno del racconto sociale e narrazione poetica.
Secondo Italo Zannier: “la sequenza di Nicolini fu un modo nuovo di intendere la fotografia, autonoma, immagine per immagine, ma coordinata nei rapporti dialettici proposti dalla serie, secondo uno schema narrativo di origine cinematografica”.
L’archivio si compone di oltre 20.000 stampe fotografiche, innumerevoli diacolor (Nicolini lavorò anche per il Touring Club Italiano), libri ed epistolari raccolti nel corso degli anni.
Il CRAF è dunque impegnato fortemente nella valorizzazione di un altro importante tassello della storia della fotografia italiana del Novecento.
La mostra e il catalogo saranno curati da Giovanna Calvenzi.

Testo della curatrice Giovanna Calvenzi

Testo di Giovanna Calvenzi

Nel 2012, nei giorni in cui Toni Nicolini ci lasciava, avevo scritto il piccolo ricordo per il blog “Fotocrazia” di Michele Smargiassi, che qui riporto. “Ho cominciato a lavorare nello studio di Cesare Colombo e Toni Nicolini, in via Vigevano, a Milano, all’inizio degli anni Settanta, al secondo anno di università. Lavoravo mezza giornata.
Cesare e Toni condividevano lo studio, le mie mediocri prestazioni e il lavoro in camera oscura di Paolo Rizzotti. Cesare era un fervore di idee, di progetti, di incontri: dettava, discuteva, criticava, insegnava. Toni entrava silenzioso che non ti accorgevi che era arrivato, non aveva mai bisogno di niente, usava la sala posa con discrezione e perfino i suoi flash erano silenziosi. Si appoggiava allo stipite della porta e aspettava: non voleva disturbare, non voleva interrompere non solo le conversazioni ma anche i pensieri degli altri. In silenzio insegnava il rispetto, la gentilezza, la capacità di ascoltare, con elegante intelligenza e con un’ironia che non era da subito percepibile. La sua fotografia è come lui, senza ostentazioni, di grande eleganza e di sottile ironia. Nonostante gli volessi molto bene, ho ‘visto’ le sue foto solo dopo aver lasciato lo studio. Ho scoperto la profondità del suo lavoro frequentandolo come amico e non come ‘datore di lavoro’. Nella mia insipienza giovanile non ero stata in grado di riconoscere l’importanza di molte sue storie, la raffinatezza con la quale si dedicava al paesaggio, lo sguardo acuto e ridente che dedicava ai ballerini di Mortara, ai frequentatori del Centro Fly o alle paperette che attraversavano una strada di campagna. Spero sappia che ci sono arrivata”. Era un ricordo personale ma anche e soprattutto un modo per misurarmi con l’importanza che la fotografia di Toni Nicolini aveva avuto per me in anni recenti. Nella selezione di immagini che Cesare Colombo e soprattutto Walter Liva hanno preparato per questo libro e per la mostra che lo accompagna, l’elegante potenza della fotografia di Toni Nicolini si manifesta con tutta la sua forza. Toni, per sua ammissione, si avvicina alla fotografia grazie all’edizione milanese della mostra “The Family of Man” (1959), scopre anzi che grazie alla fotografia può coniugare la cultura umanistica e quella scientifica, trovando quindi una soluzione pratica per risolvere la sofferta dualità che da tempo lo travagliava. Cita, sempre nella sua “nota autobiografica” pubblicata nelle pagine precedenti, autori come Robert Doisneau, Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Robert Frank, Dorothea Lange, diversi fra di loro ma accomunati dalla profondità di visione e dalla sapienza narrativa. Non lo afferma esplicitamente, ma in qualche modo i grandi autori della mostra curata da Edward Steichen diventeranno i suoi maestri, gli autori sui quali formerà il proprio modo di guardare e di raccontare il mondo. Nel 1960 inizia quindi a lavorare professionalmente
con la fotografia, ma sente la necessità di dichiarare di essere entrato in contatto con il mondo dell’arte attraverso l’amicizia con i pittori Piero Leddi ed Ernesto Treccani, di amare i libri di Testori e di Gadda e il mondo cantato da Georges Brassens ed Enzo Jannacci. Con le sue prime immagini “personali” Toni affronta con pari eleganza un comizio di Pietro Nenni o un mattino d’inverno a Milano. Ed “eleganza” è un sostantivo che accompagnerà per sempre il suo lavoro. Luoghi, eventi quotidiani e persone si incrociano nella sua narrazione, da subito, fin dagli inizi. Nicolini è attento a quanto e a quanti lo circondano, ma usa la fotografia ignorando gli echi delle derive neorealiste, seguendo una propria visione che ricompone le asperità, alla scoperta della poesia della vita. Da Doisneau ha mutuato
l’allegria delle sorprese quotidiane e la capacità di sorridere, da Cartier-Bresson le inquadrature impeccabili, da Robert Frank l’attenzione a cose e persone che l’attenzione non richiamano, da Dorothea Lange l’empatia rigorosa nel ritrarre le persone. Poi l’avvicinarsi all’impegno civile e politico lo portano in Calabria, a Melissa, quindi in Sicilia a documentare un mondo che sta scomparendo, il mondo contadino del Sud Italia, e a essere testimone di quanto accade nel Sessantotto a Milano. Nella sua fotografia lavoro personale e professionale continuano a mescolarsi indissolubilmente: la grammatica visiva che impiega per raccontare la vita sul Naviglio, a Milano, o i paesaggi attorno a Varese trovano eco nelle immagini che realizza per il Touring Club e le sue fotografie in Belgio, in Olanda, in Portogallo, a Venezia, realizzate per incarichi professionali, rimangono fedeli con coerenza alla sua visione. La sua è una fotografia silenziosa, che invita all’osservazione, che non giudica e non critica. Testimonia ma soprattutto interpreta: con partecipazione, quando assiste all’Arena di Milano a una manifestazione operaia; con ironia, quando
assiste a un ballo a Mortara o frequenta una serata mondana a Milano; con allegria, quando incontra le scolaresche in visita nei musei; con poesia, quando fotografa il paesaggio o costruisce piccole storie di venti e bambine o di foglie che galleggiano sull’acqua. Una dopo l’altra, nella lunga sequenza di queste pagine, le immagini di Toni Nicolini ricostruiscono il mondo che i suoi occhi hanno visto e riletto, come scrive Cesare Colombo, con “mitezza e ironia, apparente leggerezza dentro una vera profondità della visione.
Palazzo Tadea, Spilimbergo
 
oni NicoliIni, Ai treni n. 6 - Prime fotografie -1960
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